• Che cos’è l’emicrania?

    L’emicrania è la malattia neurologica più diffusa nel mondo. Colpisce il 12% delle persone e prevale nel sesso femminile (18%) rispetto a quello maschile (6%). Tuttavia se consideriamo il periodo compreso tra pubertà e menopausa riguarda addirittura il 25% delle donne.

    In genere si presenta intorno alla pubertà e declina verso i 50-60 anni. Nella donna si attenua in gravidanza e può migliorare o scomparire (non sempre però) con la menopausa.

    L’emicrania è così fortemente disabilitante che la Organizzazione Mondiale della Sanità la colloca al 19° posto nella classifica delle malattie più disabilitanti, a pari merito con cecità, tetraplegia e psicosi. Ciò vuol dire che, durante l’attacco, l’emicranico è disabilitato come uno che non possa vedere, che sia immobilizzato ai 4 arti o non possa ragionare!

    A) L’identikit

    L’emicrania si può riconoscere con facilità: proviamo a tracciarne l’identikit in 10 punti:

    1. Compare ad attacchi (il dolore può durare da 4 ore a 3 giorni);
    2. Il dolore è tipicamente unilaterale, interessando solitamente la zona occhio-fronte-tempia (alcune volte però inizia dalla nuca o dal collo in 1/3 dei casi è bilaterale o diffuso);
    3. Il dolore, se non trattato, è forte e disabilitante (tanto che il paziente deve limitare o sospendere le proprie attività);
    4. Il dolore è spesso pulsante (o lo diventa con sforzi o movimenti)
    5. Il dolore peggiora con l’esercizio fisico;
    6. Ci sono sintomi che accompagnano il dolore, anche non presenti tutti simultaneamente: inappetenza, nausea (a volte vomito), pallore, fastidio per le luci e per i suoni (per questo motivo il paziente cerca di isolarsi, possibilmente al buio);
    7. Il dolore resiste ai comuni analgesici;
    8. L’ attacco compare di solito al risveglio;
    9. La frequenza degli attacchi è variabile, da alcuni episodi all’anno a episodi quasi giornalieri (emicrania cronicizzata) ma nella maggior parte dei casi è compresa tra 1 e 4 al mese;
    10. L’ attacco è scatenato principalmente da stress, variazioni ormonali, variazioni climatiche, alcool, digiuno, cibi particolari.

    B) I primi segnali

    In almeno 1 paziente su 4 l’emicrania è preceduta da sintomi premonitori (prodromi) che si presentano ore (a volte giorni) prima che arrivi l’attacco: irritabilità, stanchezza, difficoltà a concentrarsi, sonnolenza, tendenza a cambiare umore, desiderio di alcuni cibi specifici quali i dolci.

    Il 20% circa dei soggetti emicranici ha l’aura. Cos’è? E’ un disturbo bizzarro e benigno dovuto ad una riduzione improvvisa e reversibile del consumo energetico di una parte della corteccia del cervello. L’aura inizia prima del mal di testa, dura solitamente 20’-30’, poi scompare completamente e lascia il posto al dolore emicranico. Nella forma più comune l’aura è visiva: abbagliamento, flash, zig zag luminosi in una metà del campo visivo, scomparsa di parte del campo visivo. Altre volte invece l’aura può essere sensitiva manifestandosi con formicolii alla mano, al braccio e a metà del volto. Altre volte ancora può comparire come afasia, cioè come incapacità a tradurre i pensieri in parole. Altre volte ancora si hanno tutti i sintomi assieme: prima flash luminosi, poi formicolii a metà del corpo e del volto, poi incapacità ad esprimersi ed infine il dolore. Le donne che soffrono di questo tipo di emicrania devono evitare il fumo e la pillola anticoncezionale per non aumentare il rischio di ischemie cerebrali.

    C) Le fasi del dolore:

    L’ attacco emicranico si sviluppa nel corso di ore o giorni, esattamente come accade con ’arrivo di una  erturbazione atmosferica. Il paziente spesso inizia ad avvertire sensazioni vaghe come pesantezza alla testa o tensione muscolare al collo. Durante questa fase, spesso presente al risveglio, l’assunzione di caffè, il rilassamento o, al contrario, un po’ di attività fisica a volte possono essere utili per bloccare lo sviluppo dell’attacco vero e proprio. Nelle ore successive il dolore esplode in tutta la sua intensità, costringendo il paziente a limitare al massimo le proprie attività. In circa ¾ degli emicranici durante questa fase compare anche una sensazione di fastidio anche solo nel toccare il cuoio capelluto e la cute della testa chiamata allodinia, espressione della comparsa un fenomeno chiamato sensitizzazione centrale e dovuta al fatto che non solo le vie periferiche ma anche le vie centrali del dolore sono in allarme. Il paziente in questa fase evita di pettinarsi o di legarsi i capelli, preferisce non mettersi gli orecchini, evita di indossare gli occhiali, ecc. In alcuni soggetti poi questa sensitizzazione diventa così marcata da far provare fastidio anche solo ad essere sfiorati in qualsiasi parte del corpo.

    D) Le cause

    Ma chi è l’emicranico? E’ un soggetto che sente più degli altri gli stimoli ambientali luminosi, sonori, olfattivi, ormonali, meteorologici, alimentari, stressanti) e risponde a questi in maniera più prolungata del

    normale. Quindi il suo sistema nervoso è sempre molto attivo, sprecando inevitabilmente molte energie. Quando gli stimoli esterni diventano troppo numerosi o troppo intensi il sistema nervoso dell’emicranico

    soccombe e parte l’attacco doloroso, proprio come un allarme che suona a vuoto. Questo sistema di allarme (il dolore) è presente in tutti gli individui ma, mentre nelle persone non emicraniche si attiva solo in casi estremi (malattie infettive, emorragie cerebrali, stress psico-fisici violenti ecc), nel paziente emicranico si attiva per un nonnulla. In altre parole, volendo fare il paragone con l’antifurto di un’automobile, nel soggetto normale l’antifurto (cioè l’emicrania) suona solo in situazioni molto particolari, come quando il ladro forza lo sportello, mentre nell’emicranico l’allarme suona a vuoto e troppo spesso, come capita a quelle autovetture il cui antifurto si attiva al semplice movimento di aria prodotto dal passaggio di un autobus nelle vicinanze.

    E) La trasformazione

    Da quanto abbiamo appreso finora l’attacco emicranico è come un temporale: se ne intravede l’arrivo già ore prima (prodromi), in alcuni casi è preceduto da fulmini (aura), poi compare nella sua violenza (fase del

    dolore e dei sintomi associati) per scomparire poi lentamente. Nel soggetto con emicrania episodica tra un attacco e l’altro “c’è bel tempo”, cioè la testa è completamente sgombra e libera dal dolore. Tuttavia, in alcuni pazienti l’emicrania può trasformarsi e cronicizzarsi, diventando meno forte, perdendo molti dei precedenti sintomi di accompagnamento ma assumendo una frequenza quotidiana o quasi. E’ un po’ come se si passasse da un clima caratterizzato da acquazzoni periodici ad una pioggerella quotidiana di stile londinese. In questo caso il paziente è gravemente limitato e compaiono spesso ansia, depressione, sfiducia, senso di inadeguatezza e talora di colpa. Questi pazienti devono essere seguiti con attenzione e competenza.

     

    I fattori scatenanti

    Abbiamo detto che il cervello emicranico reagisce maggiormente agli stimoli.

    Quelli in grado provocare un attacco emicranico sono chiamati “fattori scatenanti”. Ma l’attenzione! Non confondiamoli con le cause dell’emicrania.

    I fattori scatenanti sono solo quelle circostanze che favoriscono l’insorgenza dell’attacco in soggetti biologicamente predisposti. Agire su questi fattori, quando possibile, è un primo gradino della terapia dell’emicrania. Ma occorre ricordarsi che adottare una buona igiene di vita può sì aiutare ad evitare alcuni attacchi ma non è la soluzione del problema! Vediamo nel dettaglio i fattori principali:

    • Stress (psichico e/o fisico). E’ uno dei fattori scatenanti più importanti.  Nell’emicranico l’attacco si scatena più facilmente dopo che durante lo stress. Per esempio, è probabile che un emicranico abbia l’attacco dopo un esame, nel fine settimana o nei primi giorni di vacanza (quando cioè “stacca” la tensione nervosa) più che all’apice dello stress.
    • Variazioni ormonali. E’ noto che nelle donne emicraniche il periodo mestruale è  particolarmente rischioso per la comparsa di attacchi di emicrania. Questi possono precedere le mestruazioni oppure accompagnarle, scomparirendo poi non appena il flusso si esaurisca. La scienza ci ha dimostrato che questi

    attacchi sono correlati con il brusco calo degli ormoni estrogeni nel periodo mestruale. Il motivo? Le variazioni degli ormoni femminili agiscono anche sul cervello e alterano gli equilibri di alcuni neurotrasmettitori (ad esempio la dopamina, la noradrenalina e la serotonina), cioè quelle sostanze che consentono il passaggio dei segnali tra le cellule nervose.

    • Variazioni climatiche. Il soggetto emicranico a volte è come un barometro, avvertendo in anticipo le variazioni del tempo. Secondo un recente studio sarebbero addirittura tra il 30 ed il 78% gli emicranici in cui gli attacchi vengono scatenati dalle variazioni climatiche. L’aumento della temperatura e l’abbassamento della pressione atmosferica sono le situazioni maggiormente a rischio, specie se associate ad un aumento della umidità: per questi motivi lo scirocco è particolarmente avvertito e temuto dai pazienti emicranci.
    • Alimenti. E’ un tema di cui parlano in tanti, molto (forse troppo) e da tanto tempo. Facciamo subito chiarezza. Tra le situazioni scatenanti legate alla alimentazione, al primo posto non figura la assunzione di determinati cibi, ma il digiuno: saltare un pasto è più a rischio che mangiare qualche “cibo proibito”. Al secondo posto c’è l’alcool in tutte le sue varianti: superalcolici, vino rosso – anche se molti sono più sensibili al vino bianco – birre ad elevata gradazione. L’alcool è infatti un potente vasodilatatore ed i soggetti emicranici sono molto sensibili a tutte le sostanze che tendano a dilatare i loro vasi cerebrali già particolarmente predisposti a farlo. Tra i cibi, invece, il cioccolato, gli insaccati, i formaggi stagionati, la cucina cinese (ricca di glutammato monosodico) la frutta secca sono “peccati di gola” che possono indurre crisi emicraniche nei soggetti predisposti (anche se non in maniera così drammatica come si racconta in giro). Cautela anche con i dolcificanti artificiali contenenti aspartame. Il consiglio è quello di limitarsi nell’assunzione di questi cibi. Ma attenzione a non esagerare! Una dieta varia è raccomandabile a tutti. Evitiamo di far sentire il paziente con mal di testa ancora più limitato aggiungendo privazioni alimentari. Sembra più ragionevole consigliare al paziente di evitare gli eccessi di questi cibi.

    La moderazione sembra più opportuna dell’astinenza.

    • Stimoli sensoriali intensi. Odori, luci e rumori giocano anch’essi un ruolo importante. Non è raro che un emicranico si trovi ad uscire con il mal di testa da una profumeria, da una discoteca o dopo la esposizione a luci abbaglianti (come ad esempio avviene dopo una gita in barca o sulla neve). Inoltre, nella quotidianità prodotti di uso domestico come detersivi o cere, solo per fare un esempio, possono con il loro odore intenso scatenare l’attacco.
    • Difetto o eccesso di sonno. L’emicrania può essere scatenata dalla privazione di sonno nel 40% dei pazienti e dall’eccesso di sonno nel 30%. E’ utile quindi che il paziente regolarizzi il più possibile il ritmo sonnoveglia, cercando di coricarsi e svegliarsi in orari, per quanto possibile, costanti. Evitare il sonnellino pomeridiano, se non si è abituati, e non poltrire troppo a lungo nel letto dopo essersi svegliati possono risultare preziosi accorgimenti. Il consiglio per chi soffre di emicrania può essere dunque riassunto nel cercare di avere il senso della misura e della gradualità ricordando che, a parte le variazioni ormonali nella donna, raramente l’attacco emicranico si scatena per una singola causa. Piuttosto occorre organizzarsi per evitare che i fattori scatenanti si concentrino in un determinato frangente, come potrebbe ad esempio capitare in chi il venerdì sera (la tensione nervosa si riduce, 1° rischio) dopo una cena abbondante (2° rischio) in cui abbia bevuto alcolici in quantità (3° rischio) vada anche a dormire tardi (4°rischio) svegliandosi tardi all’indomani (5° rischio)

    Galleria degli errori

    L’ emicrania è una malattia spesso scambiata per altro disturbo. Verrebbe da chiedersi: dove deve essere localizzato questo benedetto dolore per poter essere correttamente diagnositicato come emicrania? Vediamo gli errori più frequenti:

    • La “nevralgia del trigemino”: questo errore a volte viene fatto quando il dolore emicranico riguarda anche il viso. Ma questo è certamente possibile nell’emicrania. Nella nevralgia del trigemino, malattia tipica dell’anziano a differenza dell’emicrania che prevale nel giovane, il dolore è a scosse e dura secondi o frazione di secondo, non c’è nausea nè vomito ecc.
    • La “cervicale”: è forse la diceria più frequente. E pensare che la Classificazione Internazionale delle Cefalee non solo non la prevede ma addirittura esclude che la “cervicale” sia causa di per sè di alcun tipo di cefalea! Piuttosto occorre sapere che l’emicrania può nascere dal collo o può estendersi al collo senza che questo voglia dire assolutamente nulla sullo stato delle articolazioni e dei muscoli cervicali. Spesso il dolore cervicale in corso di emicrania è solo un dolore “riferito”, nè più nè meno del dolore al braccio sinistro che può comparire nell’infarto miocardico.
    • La “sinusite”: altra favola dura a morire. Un po’ di chiarezza 1) la sinusite cronica non da mai cefalea; 2) la cefalea in corso di sinusite acuta deve essere associata a secrezione nasale muco-purulente, rinite, febbre e sintomi di infezione. Questo vuol dire che cefalee da patologie dei seni paranasali sono molto rare.
    • “E’ la vista”: questo equivoco nasce dal fatto che la sede più tipica del dolore emicranico è il territorio di distribuzione della prima branca trigeminale (nervo sovraorbitario) che fuoriesce proprio dal limite superiore dell’orbita.
    • “Sono i denti”: come sopra. A volte il dolore emicranico si estende lungo il decorso anche della 2° o 3° branca trigeminale. Come differenziarlo? E’ semplice: nausea, vomito, fastidio per luci e rumori, peggioramento con il movimento, scatenabilità con lo stress sono caratteristiche dell’emicrania, non dei denti.
    • La “cefalea a grappolo”: attenzione anche qui. Cefalea a grappolo ed emicrania non sono parenti: la prima prevale nel sesso maschile, la seconda nel femminile; nel primo caso il paziente non riesce a stare fermo durante l’attacco e vaga per la stanza mentre, nell’emicrania, il paziente cerca di stare fermo perchè il movimento lo fa stare peggio. La cefalea a grappolo dura decine di minuti, l’emicrania invece decine di ore ecc ecc.

    Come si cura l’emicrania?

    L’emicrania è oggi una malattia ben curabile. La terapia per interrompere l’attacco è sempre necessaria in ogni paziente. Negli emicranici con attacchi ad alta frequenza è opportuna anche una cura farmacologica preventiva.

     

    A) I farmaci per l’attacco acuto

    Vediamo quali sono i prodotti più impiegati:

    • Triptani

    Sono a tutt’oggi i farmaci più specifici, selettivi, moderni, efficaci e sicuri per la terapia acuta dell’attacco. Sono così raffinati da agire solo sul dolore emicranico e non su altri tipi di dolore (ad esempio dolore osteoarticolare), nè in mal di testa diversi dall’emicrania.

    All’interno del nostro cervello questi farmaci simulano l’azione di una sostanza chiamata serotonina 1) bloccando la dilatazione dei vasi che si ha durante l’attacco emicranico e 2) impedendo che il dolore si propaghi verso le aree specializzate del cervello. Ma non è tutto. I triptani bloccano anche i sintomi associati all’emicrania, cioè nausea, vomito, fastidio per le luci ed i suoni, molto spesso invalidanti quanto il dolore.

    • Antinfiammatori

    Sono farmaci con un effetto analgesico generico, di uso ancora molto diffuso tra i pazienti e spesso presenti come prodotti da banco nelle farmacie. Hanno risultati favorevoli negli attacchi di emicrania lievi o moderati ma raramente funzionano nelle crisi molto intense. Inoltre non agiscono sui sintomi associati quali la nausea, ecc. Di solito costano poco, ma possono essere molto dannosi per lo stomaco. Ma non è tutto: è stato dimostrato che l’uso cronico di alcuni antiinfiammatori in soggetti non più giovani può produrre danni anche gravi sull’apparato cardiovascolare.

    • Ergotaminici

    Si tratta di farmaci ormai in disuso, efficaci ma ricchi di effetti collaterali (nausea e vomito in primo luogo) e poco maneggevoli, essendo dotati ad esempio di effetti vasocostrittivi generalizzati nell’organismo Occorre infine ricordare che tutti i farmaci per la cura dell’attacco emicranico, se presi in dosi eccessive, possono addirittura provocare un mal di testa chiamato appunto Cefalea da Abuso, anche se ciò sembra un controsenso. Il rischio di abuso è particolarmente elevato per quei farmaci in cui il principio attivo è associato ad altre sostanze (quali caffeina, barbiturici, antinausea) che rendono l’abuso e la dipendenza più marcate.

    B) Quando assumere il farmaco per l’attacco?

    Per trattare con successo un attacco occorre assumere tempestivamente un farmaco che agisca rapidamente. Ciò è necessario perché nella emicrania occorre agire all’interno di una finestra terapeutica. Di cosa si tratta? E’ quell’intervallo di tempo di circa 1 ora che intercorre tra l’inizio dell’attacco (sensitizzazione periferica) e l’inizio della sensitizzazione centrale (come abbiamo visto segnalata dalla comparsa della allodinia cutanea) e che è espressione di uno stato di allerta delle vie centrali . All’interno di questo intervallo di tempo la terapia acuta dell’attacco risulterà efficace, mentre trascorsa più di un’ora dall’inizio dei sintomi i risultati saranno più scadenti o nulli. Pertanto è essenziale che l’emicranico assuma il farmaco per l’attacco ai primi sintomi (badando comunque a non sconfinare nei rischi di abuso). Le casistiche invece ci dicono esattamente il contrario: il 40% dei pazienti aspetta almeno 1 ora ed il 25% aspetta addirittura 2 o 3 ore, riducendo quindi le possibilità di successo. Ma agire tempestivamente non è sufficiente. Occorre anche che il farmaco in questione sia di pratica assunzione per poter essere preso in ogni frangente senza perdere tempo e che abbia un’elevata rapidità di azione. Per questo scopo sono da preferire i triptani, le molecole più specifiche per il trattamento dell’emicrania.

    C) Cosa dobbiamo pretendere da un farmaco per l’attacco?

    Il farmaco deve perlomeno dimezzare l’intensità del dolore entro 2 ore dalla assunzione. Sappiamo però che con una scelta opportuna e con una somministrazione tempestiva è possibile ottenere anche la scomparsa completa del dolore e dei sintomi associati entro tempi più brevi (30’- 60’).

    D) Terapia preventiva

    Quando il paziente emicranico ha almeno 2-3 attacchi disabilitanti al mese deve eseguire anche una cura preventiva (profilassi). Questa terapia serve a ridurre la frequenza degli attacchi, riducendo spesso anche la loro disabilità, ed agisce contrastando quella ipereccitabilità del sistema nervoso responsabile di una eccessiva risposta agli stimoli ambientali. La profilassi deve essere assunta quotidianamente, indipendentemente dalla presenza o meno dell’attacco emicranico, in genere per 3-6 mesi.

    I farmaci più comunemente impiegati sono 1) i beta-bloccanti (solitamente usati dal cardiologo per tenere sotto controllo il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa); 2) calcioantagonisti (spesso prescritti dagli otorini per le vertigini); 3) gli antidepressivi; 4) gli antiepilettici. La scelta ovviamente spetta al medico che potrà sfruttare anche alcune azioni secondarie dei farmaci per curare meglio il paziente: ad esempio potrà dare un beta bloccante ad un emicranico tachicardico o iperteso, un calcio antagonista ad un emicranico con sensazione di sbandamenti e vertigini durante gli attacchi, ovviamente un antidepressivo ad un emicranico depresso ed un antiepilettico ad un emicranico in sovrappeso (topiramato) o con instabilità dell’umore (valproato).

    E) Rimedi alternativi e/o naturali

    Il paziente ne fa spesso richiesta al medico cercando un approccio non farmacologico al problema. Occorre però essere chiari: nell’emicrania funzionano bene le cure farmacologiche. Quelle non farmacologiche (tecniche di rilassamento, biofeedback, agopuntura, yoga) e gli approcci nutrizionali (magnesio, precursori della serotonina, vitamina B2, coenzima Q10) sono raramente risolutive e vanno intesi più come rifinitura di una cura che come cura vera e propria. Tuttavia possono essere un utile ausilio in particolari fasi della vita (infanzia, gravidanza) o in pazienti con gravi controindicazioni all’uso dei farmaci.

    Conclusioni

    A) Le raccomandazioni

    • Non curarsi da solo
    • Non eseguire spontaneamente esami diagnostici: spesso sono completamente inutili quando non dannosi
    • Non abusare dei farmaci: c’è il rischio di peggiorare l’emicrania e di danneggiare la propria salute
    • Non interrompere autonomamente le cure: fare una cura vuol dire assumere il farmaco prescritto, alla dose prescritta, per il periodo stabilito

    B) I consigli

    • Cercare di evitare le situazioni che scatenano gli attacchi ( stress psicofisico, digiuno, abuso di alcool, ritmi di vita sregolati, eccesso o difetto di sonno, ecc)
    • Attenersi rigorosamente alle prescrizioni del medico
    • Assumere il farmaco per l’attacco il più precocemente possibile
    • Eseguire con rigore le cure prescritte
    • Ricordarsi che la cura efficace a volte viene trovata solo dopo alcuni tentativi
    • Compilare sempre il diario dell’emicrania
    • Contattare il medico per qualsiasi effetto collaterale

     

Modalità di prenotazione

La prenotazione di tutte le prestazioni può essere effettuata sia di persona negli orari di apertura, sia telefonicamente (fuori dagli orari di apertura lasciando un messaggio in segreteria per poi essere richiamati),  sia tramite mail o sito web.

Non è necessaria alcuna richiesta medica essendo in regime di libera professione, solo nel caso di esami strumentali quali ECG, holter, ecografie, test rapidi eventualmente potrebbe essere necessaria documentazione medica per avere il maggior numero di informazioni possibili.

I referti vengono consegnati direttamente dal medico al paziente.

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